Hikikomori giovani giapponesi si chiudono in una stanza e non escono più

Hikikomori giovani giapponesi si chiudono in una stanza e non escono più. L’uomo post moderno tra socializzazione virtuale o face to face.

 

Hikikomori_giovani_giapponesi_decidono_di_rinchiudersiCome quei giovani giapponesi, che si chiudono in una stanza e decidono di non uscirne più di Tonino Cantelmi.

 

“Leggevo…che quella degli hikikomori, giovani giapponesi che si chiudono in una stanza e decidono di non uscirne più, è la patologia più insidiosa della multimedialità. Non la sola e non limitata a Tokyo e dintorni. La Rete, il computer, i videogiochi, il resto non esiste per questi nuovi reclusi sociali, la cui esistenza si annulla in uno scorrere insistente di immagini che comprime personalità fragili nell’involucro di avatar anonimi” (1).

 

Ecco stiamo vorticosamente precipitando in una  “società incessante”, sempre attiva, sempre più incapace di staccare la spina (ITSO “Inability To Switch Off”), sempre lì a digitare, a twittare, a condividere, senza differenze tra giorno e notte, tra feriale e festivo, tra casa e ufficio, forse avviata verso una colossale dipendenza dalla “connessione” (2).

 

Poco più di dieci anni fa,  presentai in un congresso di psichiatria a Roma i primi quattro casi italiani di dipendenza da internet (3).

 

Le osservazioni di allora arricchite da successivi contributi di molti ricercatori italiani diedero vita a un vasto percorso di ricerca, che ha avuto come obiettivo l’esplorazione della mente umana proprio mentre iniziava una ineludibile e ancora imprevedibile mutazione antropologica, quella dei “nativi digitali” (4), i cittadini del mondo tecnoliquido postmoderno. Io sostengo che la “società incessante” sia in fondo l’espressione della postmodernità tecno liquida: la società tecnoliquida è caratterizzata dall’abbraccio fatale tra il mondo liquido (5), così come annunciato da Zygmunt Bauman, e la rivoluzione digitale, così come proposta da Steve Jobs e dai tanti profeti della rivoluzione digitale.

 

In definitiva la rivoluzione digitale e la virtualizzazione della realtà intercettano, esaltano e plasmano alcune caratteristiche dell’uomo liquido: il narcisismo, la velocità, l’ambiguità, la ricerca di emozioni e il bisogno di infinite relazioni light. Tuttavia la caratteristica fondamentale della socialità tecnoliquida  consiste nella pervasiva tecnomediazione della relazione. Queste osservazioni confermano che la virtualizzazione della relazione e la sua spiccata tecnomediazione eleggono una nuova forma di relazione: la connessione.

 

Siamo in attesa della “condivisione senza attrito”, che permetterà ai social di inviare aggiornamenti di stato dell’utente senza il suo permesso: ogni volta che guarderemo un video su youtube o leggeremo notizie su un giornale on-line o scaricheremo una immagine, una canzone o altro, il nostro social lo comunicherà automaticamente agli altri utenti (6). Senza mediazioni. Senza elaborazioni introspettive dell’esperienza. I social network, abolendo ogni forma di distinzione tra privato e pubblico, trasformeranno l’amicizia in “condivisione” e in costante e continua “rappresentazione” di se stessi?

 

In fondo, però, abbiamo la sensazione che la fine della società di massa e il transito nella tecnoliquidità postmoderna dovranno fare i conti con l’esasperazione della solitudine esistenziale dell’individuo e  forse non sarà Facebook, né Twitter o neanche ogni altra forma di “socializzazione virtuale” a placare l’irriducibile bisogno di “incontro con l’altro-da-sé” che è proprio dell’uomo e della donna di ogni epoca: il bisogno di “incontro con l’altro”  nell’autenticità è così prepotente e vitale che oltrepasserà il mondo tecnoliquido (7). E se allora fosse la spiritualità e il suo recupero ad accompagnare l’uomo postmoderno verso una nuova ultramodernità dell’umano, come sostiene l’ultimo Bauman (5) e come, in fondo, speriamo anche noi?

 

Bibliografia minima

(1)   De Bortolo F., “Leggere è amare”, Corriere della Sera del 11/11/2012

(2)   Grasso A., “Essere continuamente connessi, nuova malattia del nostro tempo”, Corriere della Sera del 05/01/2012

(3)   Cantelmi T. et al., “La mente in internet”,  Piccin Editore, 2000.

(4)   Cantelmi T. et al., “Avatar”, Edizioni Mag, 2010

(5)   Bauman Z., “Il buio del postmoderno”, Aliberti Editore, 2011

(6)   Morozov E., “Pedinati da Facebook”, Corriere della Sera -Lettura, 02/11/2011, Cantelmi

(7)   Parsi Mr., Cantelmi T., Orlando F., “L’Immaginario Prigioniero”, Mondadori, 2009

 

Hikikomori giovani giapponesi si chiudono in una stanza e non escono più. L’uomo post moderno tra socializzazione virtuale o face to face.

 

 

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