Oggi si trasmettono ai giovani meno visioni della vita reale, narrazioni, modelli da seguire. Genitori e figli. Molto affetto e premure pochi valori e regole sociali.
Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo un articolo della dottoressa Mariangela Treglia psicologa e psicoterapeuta I.T.C.I.
La psicologia attuale fronteggia problematiche profondamente cambiate rispetto a quella dell’era pre-digitale ed è in una fase di radicale trasformazione. L’inizio del III millennio è coinciso con una crisi mai prima verificata della “relazione interpersonale”, principalmente dovuta all’irruzione della tecnologia e alla conseguente introduzione di nuove modalità di conoscenza e comunicazione (sms, chat, social network). Queste stanno trasformando la relazione interpersonale face-to-face in forme tecno-mediate di relazione che uomini, donne e adolescenti sembrano gradire di più.
Tecno-comunicare significa comunicare attraverso l’uso di un computer, un tablet o uno smartphone. Con gli stessi mezzi l’altro conoscerà ciò che gli è stato comunicato. Anche nelle relazioni d’amore, c’è un’esplosione della comunicazione tecno-mediata.
La rivoluzione digitale sembra anche concorrere a un cambiamento antropologico, poiché la nuova società è costituita essenzialmente da “immigrati digitali”, cioè uomini e donne adulti approdati nell’era di Internet, e dai nativi digitali, ovvero i ragazzi, gli adolescenti, nati dopo gli anni Novanta in un’epoca in cui non c’è differenza tra scrittura e digitalizzazione, nati già immersi nella rete.
Sia gli “immigrati” digitali che i nativi digitali conoscono bene la tecno-comunicazione, ma i nativi possono insegnare a muoversi nel loro nuovo mondo a un “immigrato” e soprattutto a un pre-digitale, la categoria dei più anziani che se ne tengono distanti.
Questo rappresenta uno stravolgimento del normale flusso di conoscenza e informazione che ha caratterizzato la storia dell’umanità, nel quale le nozioni sono tramandate dagli anziani ai più giovani.
In questa rivoluzione, gli adulti, purtroppo, sembrano i soggetti maggiormente in crisi, e hanno un ruolo “di mezzo” e come tale fluido, liquido, come lo ha definito il sociologo Bauman; non sono adulti pre-digitali né adolescenti nativi digitali, ma utilizzano la tecnologia digitale, hanno un profilo sui social network come i loro figli, a volte li superano in fantasia ed esibizionismo, usano il dialetto tecnologico degli adolescenti e sono pienamente avvolti dalle dinamiche narcisistiche del contesto attuale.
Possono essere genitori affettuosi, preoccupati per i loro figli, ma hanno perso la capacità delle generazioni pre-digitali di educare e stanno anzi rinunciando a farlo. Così, non trasmettono visioni della vita, narrazioni, assetti valoriali e di significato, riflessioni di senso, modelli da seguire.
In questo contesto, i figli crescono preda dei loro mezzi tecnologici che producono una grande conoscenza, una comunicazione rapida ed efficace, ma una povertà di esprimere le proprie emozioni e interpretare quelle dell’altro.
Come bisogna comportarsi in questo e in altri campi nei quali la relazione è coinvolta e sempre più in pericolo?
Bisogna sicuramente rivedere i principi alla base della relazione umana autentica e chiamare in causa in questo processo l’altra popolazione, quella dei pre-digitali che ne sono maestri.
Le vecchie generazioni hanno ancora la capacità di intercettare le emozioni positive e negative, e soprattutto la debolezza e il bisogno dell’altro.
E allora bisogna rieducare gli adulti a offrire ai nuovi adolescenti i modelli del comportamento umano che ci ha portato fin qui nella nostra storia evolutiva di esseri sociali, insegnando loro questa capacità e il significato della relazione vera.
Questo richiede ai genitori di essere capaci di “stare” con i figli, di relazionarsi con loro, di rappresentare un modello positivo, competente, esperto, ma soprattutto coerente e responsabile.
Il tempo della liquidità potrà scemare solo se sarà riscoperto il valore del legame e la sfida dell’educazione, restituendo così all’umanità del terzo millennio la fiducia nella vita e nell’amore e la speranza nel futuro. Compito di noi psicologi è fronteggiare le emergenze genitoriali e affiancare tutte le istituzioni che operano in campo educativo per limitare i rischi nei quali i nostri giovani possono incorrere in questo nuovo percorso di crescita.
Dottoressa Mariangela Treglia psicologa e psicoterapeuta I.T.C.I.