Love Addiction mal di amore dipendenza affettiva

Love-AddictionLove Addiction mal di amore dipendenza affettiva. Perdersi l’uno nell’altro può celare un disagio psicologico
Essere uno nell’altro presuppone la perdita della propria identità, l’esperienza più distruttiva per l’essere umano per questo la dipendenza affettiva è un vero e proprio disagio psicologico.

 

 

L’amore rappresenta un naturale e profondo bisogno di ogni essere umano, quando tale bisogno non viene soddisfatto o la soddisfazione non è fonte di gioia e di benessere, può generare nella persona sofferenza, frustrazione fino alla negazione del bisogno stesso.

 

Dal legame affettivo che si costruisce fin dai primi istanti di vita tra madre e figlio, si gettano le premesse per il corretto sviluppo psicofisico e per strutturare gli schemi relazionali affettivi futuri.  Bisogni emotivi trascurati, carenze affettive importanti,  impossibilità di esplorare il mondo e di sperimentare la sensazione di libertà e di sicurezza, potrebbero indurre a riprodurre nella relazione di coppia  un ruolo affettivo simile a quello vissuto nell’infanzia e che magari si è tentato di cambiare.

 

Per questo è importante che la madre riesca a creare fin da subito un equilibrio tra dare e ricevere affetto dal figlio in modo da evitargli frustrazioni, sofferenza e nei casi più gravi, quella che oggi è chiamata love addiction o mal d’amore  o dipendenza affettiva.

 

La dipendenza affettiva è un vero e proprio disagio psicologico in grado di vivere nascosto nell’ombra anche per l’intera vita di una persona, alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali.

 

In una coppia normale questo stato porta alla distruzione della relazione, mentre si consolida nelle coppie così dette disfunzionali, in cui si radica una tendenza ad alimentare una forma di equilibrio paradossale fondato sul malessere sia di un solo partner che di entrambi.

 

Essere uno nell’altro significa amare in modo ossessivo, significa lasciare e lasciarsi sempre minori spazi personali, significa un amore parassitario basato su continue richieste di assoluta devozione e di rinuncia da parte dell’amato, caratterizzato dalla paura del cambiamento e dalla conseguente tendenza a ripiegarsi su sé stessi e a chiudersi alle esperienze esterne.

 

Due bisogni contrapposti premono, quello di ricevere continue conferme di essere amati e che fa da guida ad ogni comportamento e l’altro di negare a se stessi di desiderare di essere amati, contrapposizione che potrebbe avere le radici in un’infanzia in cui ci si è abituati a limitare le proprie aspettative affettive per evitare di soffrire troppo.

 

La love addiction o mal d’amore  o dipendenza affettiva ha un’alta incidenza nella popolazione femminile, diffusa quasi al 99%  in molti paesi del mondo; gli uomini  sono meno colpiti forse perché di solito tendono ad allontanare dalla mente il dolore delle sofferenze, mentre al contrario le donne invece lo  rivivrebbero. (Miller D., 1994).

 

 

Molte persone dipendenti affettivamente provano attrazione verso quelle  persone incapaci di amare e  provano invece, disinteresse, indifferenza e noia verso quelle persone gentili, equilibrate, affidabili.  In fondo preferiscono nutrirsi di fantasie legate a come potrebbe migliorare il proprio rapporto di coppia se il partner cambiasse,  piuttosto che vedere la realtà della frustrante qualità del rapporto stesso.

 

 

Il principale problema infatti, nella gestione della dipendenza affettiva è di solito l’ammissione di avere un problema. Esistono, infatti dei confini estremamente sottili tra ciò che in una coppia è normale e ciò che, nell’abitudine cronica, diviene dipendenza.

 

 

Spesso, paradossalmente, è la speranza che  nutre il problema e che al tempo stesso tende a cronicizzarlo: la speranza in un cambiamento impossibile, soprattutto in un contesto relazionale in cui si sono consolidati, e forse persino pietrificati, dei ruoli e dei copioni da cui è sempre più difficile uscire. Così, paradossalmente, l’inizio del cambiamento può arrivare quando si raggiunge il fondo e si sperimenta la disperazione.

 

 

Che fare dunque? una soluzione potrebbe essere quella di prendere il coraggio a quattro mani e rivolgersi a uno psicoterapeuta  nell’approccio umanistico pluralistico integrato e nella gestione delle relazioni interpersonali e dei conflitti,  sia per una terapia personale, sia in un gruppo tra persone che vivono lo stesso problema.

 

 

La condivisione di un problema comune permette  di  riconoscere le distorsioni della realtà, grazie alle somiglianze della propria vita con la vita altrui.  Permette di vincere le difese che impediscono di vedere la verità sulla propria storia personale. Gli altri del gruppo diventano importanti specchi e insieme, si possono ritrovare la voglia, le motivazioni e le possibilità per uscire dalla propria infelicità.

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