Quando i Genitori Rinunciano a Fare i Genitori

Quando i Genitori Rinunciano a Fare i Genitori

 

Premessa

Una volta i figli crescevano sotto il segno del devi. Una educazione basata sull’autoritarismo e sull’obbedienza, anziché sull’autorevolezza e sulla condivisione, generava fatalmente insoddisfazione e frustrazione e, a lungo andare, ribellioni e contestazioni.  Tra contestazioni e ribellioni le cose sono cambiate, si è passati da un eccesso all’altro: non si nasce più sotto il segno del “devi”, ma sotto quello del “ricevi” .

 

I Genitori di oggi

Oggi si evita ogni difficoltà ai figli e molti genitori sono diventati non solo troppo permissivi, ma anche troppo protettivi. A volte appaiono  impreparati ad affrontare i normali esiti negativi che possono capitare ai loro figli durante il percorso di studi o dello sport, nella normale vita quotidiana. Li spronano verso una competitività esacerbata e poi, arrivano a vivere il “fallimento” del figlio come una ferita alla propria immagine! Altre volte si alleano con il figlio contro l’insegnante, difendendolo spregiudicatamente, mentendo pur di fare evitare brutti voti. Rompendo così quel patto di fiducia che nel passato legava genitori e insegnanti. In definitiva vogliono evitare problemi ai figli, ma soprattutto a loro stessi.

 

I figli di oggi

Alla luce di ciò, non c’è da meravigliarsi poi, se i bambini crescono disorientati e con l’ansia da “prestazione”. Oppure se diventano fragili, incapaci di affrontare frustrazioni e difficoltà. Oppure ancora  che, a lungo andare, le incomprensioni possono diventare irrisolvibili e sfociare in problematiche anche gravi. Appare chiaro che semplificare la vita ai bambini significa rinunciare ad educarli,  a renderli autonomi. Significa impedire di diventare adulti sicuri di sé con il senso di responsabilità necessario per gestire e risolvere crisi e problemi.

 

Cosa fare?

Si potrebbe iniziare dedicando, ogni giorno, alcuni minuti del proprio tempo per ascoltare incondizionatamente senza pensare ad altro, giudicare, consigliare. Guardare negli occhi attentamente per comprenderne emozioni, stati d’animo, sogni, desideri. Lasciare liberi di sbagliare, di fare esperienza e il posto nel mondo. Condividere poche regole e spiegare perché bisogna rispettarle. Pensare anche e preparare il figlio al distacco dai genitori una volta diventato grande.

 

E’ Complicato?

Forse sarà complicato, perché si tratta di riconoscere e gestire le emozioni, un terreno ancora sconosciuto. Il fatto è che le emozioni sono come la bussola della vita e possono aiutare ad orientarla, a interagire appropriatamente con se stessi e con gli altri.  Quel che occorre, dunque, è la capacità di entrare in sintonia emozionale  con  il bambino, ma anche con il partner, il collega. Occorre essere genitori autorevoli, degni di stima e di fiducia: la base sicura da cui uscire per esplorare il mondo. Questa capacità di rapportarsi positivamente non è innata e si sviluppa con la pratica e l’allenamento, proprio come si fa quando si vuole prendere la patente di guida o si va in palestra.

 

Orietta Matteucci

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